Gus Van Sant
Tra i più interessanti registi statunitensi della scena indipendente, Gus Van Sant è un artista poliedrico e attivo su diversi fronti, oltre al cinema, la pittura, la fotografia, la scrittura. Elementi comuni a tutti i linguaggi sono il paesaggio urbano di Portland (dove vive), gli spazi desertici, le visioni intermittenti, una certa percezione alterata della giovinezza, che apprende dalla vicinanza alle istanze della beat generation. Elephant è il film che gli garantisce il primo grande successo nel 2003, grazie alla Palma d’oro vinta a Cannes per il miglior film e la miglior regia, e che lo ha impone all’attenzione del pubblico come autore inquieto, che si muove prevalentemente lungo la linea delle connessioni tra adolescenza e maturità, il bisogno d'amore declinato nella diversità e le dinamiche sociali del presente, tra classicismo e sperimentalismo.
Il suo cinema, al di là dall’impegno produttivo di ciascun film, è esistenziale e anticonformista, capace di portare avanti il discorso sovversivo, la sofisticata ricerca formale della pittura, che pratica dagli anni della scuola di Design, l’immediatezza profonda della fotografia e la fisicità del cinema low cost. Si pensi a film come Mala Noche (1989), Belli e dannati (1991), Will Hunting – Genio ribelle (1997), Psycho (1999), Last Days (2005), L’amore che resta (2011), opere diverse eppure fortemente coerenti nello sguardo e nella rappresentazione dei turbamenti e degli affanni della vita.
L’esposizione prevede un percorso che ricostruisce interamente la carriera artistica di Gus Van Sant, dalle polaroid degli inizi, agli acquerelli, passando per i dipinti e i cut-up fotografici. Al centro, naturalmente, il suo cinema, con tutte le influenze letterarie, artistiche e musicali che lo contraddistinguono.
I materiali esposti sono eterogenei e preziosi, stampe fotografiche originali, disegni preparatori per i lungometraggi (in parte non realizzati), cortometraggi inediti, video musicali, making-of e montaggi con le sequenze più celebri e rappresentative.
La mostra, curata da Matthieu Orléan con la collaborazione di Florence Tissot. Coordinamento al Museo Nazionale del Cinema, Grazia Paganelli e Stefano Boni.