A Natale in esclusiva per l’Italia, Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog in 3D

Cinema Massimo, 23 dicembre 2011 – 8 gennaio 2012, Sala Due

Il Museo Nazionale del Cinema presenta, nel periodo natalizio, una prima visione da non perdere. Da venerdì 23 dicembre 2011 a domenica 8 gennaio 2012, alle ore 16.30/18.30/20.30/22.30, presso la Sala Due del Cinema Massimo verrà proiettato Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog in 3D. Ingresso euro 7.00/5.00/4.00.

Presentato in prima mondiale al Festival di Berlino nel 2010, Cave of Forgotten Dreams rappresenta la prima – e forse l’unica – incursione di Herzog nel mondo del 3D. Un documentario che penetra gli abissi del tempo, portando l’immagine tridimensionale in un luogo dove la storia si è fermata per ripetersi continuamente da migliaia di anni.

Il film e' un viaggio nella grotta più antica al mondo – Chauvet, nel sud della Francia – dove sono state scoperte centinaia di pitture risalenti al periodo paleolitico. L'accesso alla caverna, scoperta nel 1994, è limitato a pochi visitatori poiché anche il respiro umano può danneggiare le incredibili opere rupestri.

Pur non avendo potuto avvicinarsi troppo ai misteriosi disegni, Herzog, che negli ultimi anni ha portato il documentario verso altezze qualitative e profondità filosofiche prima inesplorate, arriva dritto al cuore delle domande esistenziali che il contenuto della grotta Chauvet solleva. È una meravigliosa riflessione sulla nascita dell’arte, in cui tutto ruota intorno al respiro impercettibile delle pietre che si trasforma immediatamente in cinema.

Il film sarà presentato in versione originale con sottotitoli italiani nei giorni 27 - 29 dicembre 2011 e 3 - 5 gennaio 2012. Nei giorni 23 - 26 dicembre 2011, 30 dicembre 2011 - 2 gennaio 2012 e 6 - 8 gennaio 2012 sarà invece proiettato in versione doppiata.

 

 

Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog 3D

 

di Massimo Causo*

 

Naturalmente, non sono tanto le immagini in sé, quanto la profondità del loro tempo, a fare dei graffiti della grotta Chauvet (Sud della Francia, nella regione della Rhône-Alpes) una visione perfettamente herzoghiana. La vertigine di un messaggio che giunge da uno spazio che è diventato tempo interiore, visione nella/della grotta, preservata nell’abisso di un’umanità vecchia di almeno 30.000 anni. Tanto è il tempo che quei disegni tracciati con tecnica cinetica (a rendere l’effetto del movimento, come fossero i layer di un cartoon...) sono stati ad attendere Herzog, scelto dagli studiosi francesi come il filmmaker destinato a filmare la grotta (al prezzo simbolico di un euro...). La grotta Chauvet è stata nascosta all’uomo sino al 1994, anno in cui fu casualmente scoperta, rivelando il segreto di quei graffiti che sono considerati i disegni più antichi ritrovati a tutt’oggi. Herzog ha il compito di entrare in questa parentesi del tempo e filmarla con una camera stereoscopica: l’immagine tridimensionale gioca con la profondità dello spazio concavo, con le prospettiva del buio da fendere con una sola lampada, senza alterare troppo i parametri ambientali di un luogo dove gli stessi ricercatori possono entrare raramente e solo in condizioni particolari... Non poteva essere che Herzog il regista prescelto per filmare l’immagine più antica tracciata da una mano e più a lungo negata all’occhio, lui, il regista che da sempre cristallizza la pulsione stessa del vedere nel gesto del filmare, che si nutre nella forza arcaica delle immagini che appartengono a luoghi precisi, a tempi insondabili, a verità possedute in altri luoghi come fossero altre identità possibili del presente. Il 3D stesso diviene per lui il gioco con l’impossibile tangibilità di quelle immagini, il miraggio di una spazialità che in realtà è negata alla presenza umana, la sfida di duplicare il vero effetto tridimensionale assicurato a quei graffiti dalle pareti irregolari su cui sono tracciati... Grande incantatore, Herzog, capace di ironia (come tutti i maghi, del resto) nel giocare con le illusioni che propone, capace di affabulare con la magia di un mondo in cui ciò che è visibile lascia le tracce dell’invisibile...

 

*Tratto da Sentieri Selvaggi